In Iran confiscate più di 3000 macchine per il mining illegale

Vi abbiamo raccontato come l’Iran sta incentivando il mining, in particolare l’apertura di mining farm “ufficiali” sul suo territorio. La scelta mira, da un lato, a limitare il mining illecito, che a febbraio 2021 causò ripetuti blackout nel paese; dall'altro potrebbe consentire di convertire in criptovalute le risorse energetiche sottoposte a embargo, in particolare da parte degli Stati Uniti. In cosa consiste il maxi-sequestro effettuato dal governo iraniano?

È opportuno ricordare che l’Iran non applica un costo variabile all'energia elettrica, grazie agli approvvigionamenti di petrolio e di materie prime. Perciò è costretto a limitare il consumo di energia, soprattutto in estate, attraverso divieti temporanei e altre iniziative nazionali. Poche settimane fa l’Iran Power Generation, Distribution and Transmission Company (Tavanir) ha ripetutamente avvisato i miner – sia casalinghi che organizzati – di evitare un eccessivo consumo di energia, pena la necessità di confiscare gli hardware e limitare l’accesso all'erogazione di energia. Tavanir ha annunciato, attraverso il quotidiano economico iraniano in lingua inglese Financial Tribune, di aver proceduto alla confisca di 3.000 macchine per il mining di criptovalute e di aver chiuso oltre 180 mining farm nella sola provincia di Teheran. Queste si aggiungono alle oltre 600 farm già bloccate, nel corso del 2021, nella provincia di Kerman, mentre altri mining pool illegali sono stati localizzati nelle province di Khuzestan, Mazandaran, Qom e Bushehr. Ph. Marco Verch La stretta di Teheran delle mining farm illegali e/o autonome è dettata anche dalla scelta di regolamentare attentamente il mining e di promuovere le autorizzazioni del governo. L’Iran non è l’unico stato che mira ad attrarre i miner sul suo territorio, incentivandone e controllandone l’attività. Una politica di apertura così estensiva sta per essere adottata anche dal Texas, che sogna di diventare il “paradiso per miner” negli Stati Uniti.

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