Criptovalute, allarme Bce. Panetta: “Chi investe sia pronto a perdere tutto”

Per il componente del Comitato esecutivo della Banca centrale europea le monete virtuali sono “attività speculative” con “problemi di ordine pubblico e stabilità finanziaria”. Sì all’euro digitale: “Rafforzerebbe la sovranità monetaria dell’Ue” 16 Mag 2022 Patrizia Licata giornalista

Le criptovalute non sono una forma affidabile di “valuta” libera dal controllo pubblico: sono “troppo rischiose per fungere da mezzo di pagamento affidabile”. Lo ha affermato Fabio Panetta, membro del Comitato esecutivo della Bce in un intervento a Dublino in occasione di un confronto sull’euro digitale organizzato dal National College of Ireland. “I recenti sviluppi sul mercato delle criptovalute dimostrano che è un’illusione credere che gli strumenti privati possano agire come denaro quando non possono essere convertiti alla pari in denaro pubblico in ogni momento“, ha detto Panetta, sottolineando che, invece, le valute basate sulla tecnologia blockchain “si comportano più come attività speculative e sollevano molteplici problemi di ordine pubblico e stabilità finanziaria“. “Chiunque investa in criptovalute deve essere pronto a perdere tutto il proprio investimento“, ha concluso Panetta. Indice degli argomenti • Valute digitali: serve la gestione delle banche centrali • L’euro digitale per pagamenti moderni e affidabili • L’autonomia strategica dell’Ue • Criptovalute, gli italiani cominciano a investire Valute digitali: serve la gestione delle banche centrali Panetta ha affermato anche che è importante che le banche centrali mantengano il controllo degli strumenti di pagamento, soprattutto di quelli digitali, dal momento che “un sistema basato su tecnologie e pratiche progettate, gestite e supervisionate altrove minerebbe la capacità delle autorità di esercitare il proprio controllo di vigilanza”. “La coesistenza di denaro pubblico e privato può continuare a essere una situazione vantaggiosa per tutti, forse ancora di più nell’era digitale”, ha aggiunto Panetta. “Le valute digitali delle banche centrali consentiranno al denaro pubblico di continuare a svolgere il loro ruolo nell’ancorare la stabilità del sistema dei pagamenti e nel contribuire alla sua efficienza. E il denaro privato aggiungerà innovazione e diversità” a questo scenario. Ma “Uno scenario in cui la digitalizzazione dei pagamenti portasse alla quotazione della maggior parte dei prezzi in un’unità di conto estera o privata ridurrebbe notevolmente la capacità della banca centrale di influenzare le condizioni monetarie e finanziarie”. L’euro digitale per pagamenti moderni e affidabili Per quanto riguarda specificamente l’euro digitale Panetta ha evidenziato che “Rafforzerebbe la nostra sovranità monetaria e fornirebbe una forma di moneta della banca centrale per effettuare pagamenti digitali quotidiani nell’area dell’euro, proprio come il contante per le transazioni fisiche. Per avere successo, un euro digitale dovrà aggiungere valore per gli utenti, promuovere l’innovazione e godere di un forte sostegno politico e sociale”. “La crescente popolarità dei pagamenti non in contanti e l’espansione delle criptovalute”, ha proseguito Panetta, “rivelano una crescente domanda di immediatezza e digitalizzazione. Se il settore ufficiale – banche centrali e intermediari vigilati – non soddisfa questa domanda, lo faranno altri. Per questa ragione molti paesi in tutto il mondo stanno attualmente esplorando l’emissione di una valuta digitale della banca centrale”. L’autonomia strategica dell’Ue Il denaro digitale emesso dalla banca centrale offrirebbe a tutti la possibilità di utilizzare il denaro pubblico per i pagamenti digitali, ha detto ancora Panetta: “Sarebbe un mezzo di pagamento solido e affidabile, concepito nell’interesse pubblico e conserverebbe la coesistenza di moneta sovrana e privata che ci ha servito bene finora. In Europa, l’emissione di un euro digitale ci consentirebbe anche di proteggere la nostra autonomia strategica rimanendo aperti in un mondo in cui la tecnologia e le dipendenze vengono sempre più utilizzate come armi”. Criptovalute, gli italiani cominciano a investire L‘89% degli italiani ha sentito parlare qualche volta di criptovalute, mentre l’11% che non ne sa nulla: è quanto emerge da un’indagine svolta dall’Oam, Organismo agenti e mediatori, in collaborazione con l’università di Tor Vergata, tra un campione di 774 italiani maggiorenni, equamente diviso tra uomini e donne. Quasi equamente distribuito sulla base del genere (52% uomini e 48% donne) il sottocampione di chi conosce le criptovalute si caratterizza per un buon livello di conoscenze finanziarie generali (“buone o ottime” per il 64% dei rispondenti e “discrete” per il 25%. Tuttavia, relativamente alle valute virtuali il 61% del sub campione sostiene di avere limitate conoscenze sulle nuove valute digitali, mentre il restante 39% dimostra di avere una buona (33%) o addirittura una approfondita e accurata conoscenza (6%). Dal sondaggio emerge anche che, all’aumentare del livello di conoscenza sulle criptovalute, aumenta la propensione all’investimento. Tra il 61% che ha “sentito parlare poche volte di criptovalute”, l’11% ha dichiarato di avere acquistato in passato criptovalute ma non lo farà in futuro mentre il 14%, nonostante la conoscenza superficiale, ha comunque intenzione di acquistarle per la prima volta in futuro; l’1% ha espresso la propria intenzione di continuare anche in futuro gli investimenti passati in criptovalute. Tra coloro che hanno dichiarato di avere “approfondito accuratamente la conoscenza sulle criptovalute” (il 6% del sottocampione) il 29% dei rispondenti ha dichiarato di aver acquistato in passato criptovalute ma non lo farà in futuro; il 37% ha intenzione di acquistarle per la prima volta in futuro; il 22% darà continuità ai propri investimenti passati in criptovalute; soltanto il 12% ha invece rivelato di non voler investire neanche in futuro sulle valute digitali. La maggioranza di chi investe non oltrepassa la soglia dei 10mila euro.

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