Vi spiego perché Bitcoin e crypto non sono da rottamare di Edoardo Narduzzi

Le tecnologie di base delle crypto monete sono sempre più utilizzate al di fuori delle procedure di emissione delle varie valute per gestire processi diversificati nel mondo del business o nell’ecosistema digitale. L’intervento di Edoardo Narduzzi, ceo Mashfrog group

La correzione in meno di un anno è stata di quelle che fanno male ai portafogli. Il Bitcoin dallo scorso novembre è crollato dai circa 70mila dollari del massimo ai ventimila di oggi, amplificando di molto la correzione ribassista dell’indice tecnologico Nasdaq al quale molti lo collegano. Fine dell’esperienza finanziaria delle crypto monete? Questa volta i mercati hanno intonato il de profundis definitivo per le monete digitali da anni accusate di essere una riedizione moderna della speculazione seicentesca olandese sui bulbi dei tulipani? La più giovane di tutte le asset class, una sorta di investimento alternativo, è forse molto più vitale di quanto molti o i più non credano. Due fenomeni paralleli stanno attraversando il mercato degli asset digitali che capitalizzano ancora circa 940 miliardi di dollari (ovviamente molto distante dagli oltre due trilioni raggiunti nei momenti di massima valorizzazione). Il primo è il consolidamento industriale con l’espulsione dal mercato di tutte le imprese “marginali” cioè non profittevoli, innovative o semplicemente non competitive. Exchanges con pochi scambi, società specializzate nello stacking, cioè nell’offrire rendimenti sulle crypto depositate, miners, coins e tokens di varia natura sono stati falcidiati da quella che è a tutti gli effetti una vera e propria selezione della specie. Fallimenti diffusi e diversi accompagnano da sempre le fasi più dinamiche del capitalismo. Il secondo fenomeno è legato al consolidamento tecnologico del comparto. Le tecnologie di base delle crypto monete sono sempre più utilizzate al di fuori delle procedure di emissione delle varie valute per gestire processi diversificati nel mondo del business o nell’ecosistema digitale. Questa diffusione riduce sempre di più le barriere tra la possibilità di adozione di una crypto e la conoscenza necessaria per poterla utilizzare. È un po’ come l’ecommerce e molti fenomeni tecnologici che prima di diventare di massa devono passare per un periodo non breve di progressiva utilizzazione. È questo il momento giusto per entrare come investitori nel mondo del Btc e dei suoi cugini digitali? Difficile dirlo perché volatilità ed incertezza la fanno da padroni nell’attuale fase dei mercati finanziari mondiali. Ma molti campioni dell’arte dell’investimento profittevole come il co-founder dell’hedge fund Brevan Howard, Alan Howard, stanno da anni accumulando, continuando ad investire anche adesso, un portafoglio diversificato di asset digitali con una visione lunga di exit. Oltre un miliardo di dollari investiti in 43 diverse crypto companies a riprova che il domani del Bitcoin può essere molto più ripagante di quanto oggi non appaia. Certo, si tratta di mettere in conto un livello di rischio più alto rispetto a quello implicito in altre asset class. Ma, se ne lungo periodo si crede che la tecnologia è irreversibilmente destinata a modificare e migliorare il nostro modo di vivere, allora quella sottostante agli asset digitali è da prendere seriamente in considerazione. Senza mai dimenticare che in una parte crescente del mondo emergente, come la Nigeria, Turchia o la Colombia, Bitcoin e fratelli sono già una riserva di valore per difendersi da inflazioni e svalutazioni delle monete nazionali e per poter transare senza problemi a livello internazionale.

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